Non è sempre facile per un maschio giocare un personaggio donna: spesso può risultare difficile immedesimarsi. In questo background ho provato a toccare alcune tematiche femminili che potrebbero essere presenti in varie ambientazioni.
NB: Quando scrivo un BG lo faccio quasi sempre in prima persona, quindi provo a raccontare la storia dal punto di vista del personaggio. In questo caso quindi abbiamo una combattente barbarica “non molto studiata”, quindi dovremo confrontarci con i suoi limiti cognitivi ed espressivi. Inoltre preciso che la razza era una sorta di guazzabuglio concordato con il master, quindi ci sono alcune peculiarità fisiche da considerare, ma potrebbe adattarsi senza sforzi a qualsiasi umanoide classico.
NB2: “Forse” è un po’ troppo lungo, scusate.
-506° ciclo dall’incarnazione. Ventiduesimo giorno della settima luna-
Mia madre mi vuole bene lo stesso. Mio padre no. Forse pensano che sono piccola e non capisco, ma non sono così piccola: ho già sei anni. Li sento che parlano. Mio padre è arrabbiato con mia madre perchè non è riuscita a dargli un maschio. Mia madre è triste. Non le piace aver deluso suo marito, poi è triste per i bambini morti. Prima di me hanno avuto due maschi, ma non si sono svegliati passandoli sulla pietra viola e si sono spenti. Dopo di me mia madre non è più riuscita a rimanere incinta. Mio padre inizia ad arrabbiarsi: lui è il capotribù e deve avere un erede in grado di combattere. Mia madre piange. Perchè non posso combattere? Mi guardano strano. Finalmente ho finito di mangiare e posso uscire a giocare. Non mi piace stare in casa quando litigano. Mi piace giocare. Oggi c’è il sole e ci sono quasi tutti. Ho sentito dire a un anziano che i giochi che facciamo servono per preparare all’allenamento da guerrieri, quindi mi piacciono ancora di più. Giochiamo a correre, a inseguirci. Lanciamo i sassi contro gli alberi o i nidi di vespe. Io sono brava: ho buona mira e corro veloce.
-508° ciclo dall’incarnazione. Settimo giorno della sesta luna-
Mi sveglio in silenzio. Mangio veloce. Non voglio stare in casa: i miei genitori non litigano quasi più, ma non si parlano mai. È brutto stare in casa quando ci sono tutti e due. Ci vado dopo ad aiutare i grandi a fare le cose, ora esco a giocare. Mi piace sempre giocare, anche se siamo in meno: molte femmine hanno deciso che non voglio fare più i giochi che ci si sporca e si fa fatica, allora stanno a casa, aiutano le mamme a fare da mangiare e altre cose così. Invece noi ci divertiamo, io poi sono contenta, perchè sono molto brava in questi giochi.
-510° ciclo dall’incarnazione. Ventesimo giorno della terza luna.
Oggi è l’ultimo giorno di giochi. Sono molto contenta. Ho sentito dire a un grande che da domani, per i ragazzi della nostra età, inizia il vero allenamento da guerriero. Non vedo l’ora. Gioco felice tutta mattina. Quando viene il pomeriggio sono tutta agitata; alla notte quasi non riesco ad addormentarmi.
-510° ciclo dall’incarnazione. Ventunesimo giorno della terza luna.
Mi alzo veloce, corro in cucina, mangio qualcosa in fretta e corro verso la porta per uscire. C’è mia madre davanti alla porta. Mi guarda in faccia. Ha sempre gli occhi tristi. <Dove stai andando Sgomina?>. La guardo. Perchè fa una domanda così? È ovvio! <Devo uscire di fretta! Oggi cominciano gli allenamenti per i guerrieri e devo partecipare!>. Mia madre quasi si mette a singhiozzare. Perchè? Non capisco. Inizia a muovere la bocca, come per dirmi qualcosa, ma non fa in tempo. Sento un colpo proprio in faccia. Cado in ginocchio, mi giro a guardare e vedo mio padre. Furioso. Non capisco. Inizio a chiedergli qualcosa, ma mi interrompe: <Cosa demone stai dicendo?!?> grida. <Non ti sei accorta di essere una femmina? Le femmine non possono diventare guerrieri!> Prende fiato un istante. A me gira la testa. <Dopo il decimo inverno le ragazze smettono di crescere; Saresti il guerriero più debole del mondo!>. Sento le lacrime che bruciano negli occhi, ma lui continua, con un tono solo poco più basso e più calmo: <Dopo il decimo inverno i maschi si allenano per diventare guerrieri e cacciatori; le femmine devono fare i lavori per aiutarli. Siete deboli e non servireste a nulla in combattimento, quindi dovete fare la vostra parte e portare l’acqua, cucinare, pulire, occuparvi dei vestiti e poi, più grandi, dei bambini. Mi sono spiegato? Ora non voglio più sentire storie del genere.> Fa per andarsene. Io mi rialzo e grido singhiozzando la prima cosa che mi viene in mente: <Non è giusto! Secondo me smettiamo di crescere perchè non ci lasciate fare gli allenamenti!>. Quasi non faccio in tempo a finire la frase. Mio padre si gira di scatto, muovendosi per colpirmi col dorso della mano. Faccio per evitare il colpo, ma è troppo veloce. Mi prende in pieno sulla faccia. Vedo delle luci. La stanza gira veloce. Cado. Poi buio per un momento.
Riapro gli occhi, sono sola. Sento mia madre che singhiozza in un’altra stanza. Striscio verso il mio letto. Mi sdraio e penso. Penso che in effetti sono alta come mia madre, che è una delle donne più alte della tribù. Però gli uomini sono tutti più alti di lei di almeno una testa. Mio padre anche di due. Se rimango così piccola a cosa serve l’allenamento? Non posso diventare guerriero. Torna mio padre, quasi non lo sento finchè non mi parla. <Tuo cugino Guretis si trasferisce da noi>, dice, indicando il ragazzo che lo accompagna. Non mi piace mio cugino: ha quattro inverni più di me e si approfitta di essere più grande per prendere in giro me e i miei amici. Guardo mio padre senza capire. Perchè deve venire qui? Mio padre sbuffa. <Ho bisogno di un erede e quindi lo cresceremo in questa casa per insegnargli come si comporta un capo tribù>. Continua e mi punta il dito contro. <Ricordati, da ora in poi devi comportarti come se è tuo fratello maggiore. Quindi anche lui ha il diritto di decidere quali compiti devi fare> Guretis fa un sorriso cattivo. A me sembra di nuovo che la stanza gira. Riesco solo a fare sì con la testa. Mio cugino mi guarda e dice <Bene, allora, visto che se ho capito bene, non sei capace di fare niente, bisogna iniziare con un compito facile: vai al fiume e prendi due secchi d’acqua>. Guardo mio cugino, poi guardo mio padre che mi fissa. Di nuovo, riesco solo a muovere la testa. Cerco di fermare la stanza che gira, poi mi alzo e cammino verso l’uscita. <Non metterci tutta la vita però. Capito?>. Esco, prendo il bastone con legati i due grossi secchi di legno. Cammino triste verso il fiume. Passo di fronte a un prato, dove vedo che ci sono i miei vecchi compagni di giochi. Hanno in mano dei lunghi bastoni e fanno tutti delle mosse, con un grande che dice cosa devono fare. Continuo a camminare piangendo. Oggi è il giorno più brutto della mia vita. Torno a casa, ascolto appena mio cugino che mi dice qualcosa su quanto sono inutile. Non riesco nemmeno a mangiare, vado a letto. Vomito per terra. Pulisco. Torno nel letto e piango finchè non svengo.
-510° ciclo dall’incarnazione. Ventunesimo giorno della terza luna.
Mi sveglio. Ho un pensiero nella testa che non riesco a capire cos’è. Mi concentro. Mi torna in mente la scena che ho visto ieri al campo di addestramento. Un ragazzo ha sbuffato e ha detto “sono stanco!”, il maestro ha risposto “Ottimo! Se ti stanchi vuol dire che l’allenamento fa effetto!”. Stancarsi. È questo il segreto? E come mi stanco? Ci penso un secondo. Facile! Devo correre! Mi alzo e vado in cucina. C’è già mio cugino che mi aspetta. <Prima di fare colazione, vai al fiume e portami altri due secchi d’acqua. Ho proprio voglia di mettere i piedi a bagno.> Maledetto sbruffone! È quasi meglio così: posso subito fare una prova. Prendo l’asta coi secchi e appena sono un po’ lontana dalle case, che sono sicura che non mi vedono, inizio a correre. Corro abbastanza veloce, voglio stancarmi. Arrivo al fiume, raccolgo i secchi e corro per tornare indietro. Stavolta un po’ più piano: non posso rovesciare acqua. Arrivo quasi al villaggio, ma mi viene in mente una cosa: non posso farmi vedere subito, altrimenti si accorgono che ho corso tutto il viaggio.
Che posso fare mentre aspetto? Non sono troppo stanca, posso fare un altro giro! Prendo i secchi e corro di nuovo verso il fiume. Arrivo che sono a pezzi, le gambe le sento dure e pesanti, l’aria mi brucia nel petto, il sudore mi scende dalla fronte. Ma perchè demone non ho lasciato i secchi vicino al villaggio? Troppo tardi per pensarci. Devo correre fino al villaggio, altrimenti ci metto troppo tempo. Corro, le gambe bruciano, faccio fatica a respirare, il sudore mi va sugli occhi e non riesco a vedere bene, i secchi mi pesano sulle spalle e sulle braccia, fanno male, sento la pancia sottosopra. Arrivo vicino al villaggio. Sento che mi viene da vomitare. Mi trattengo, non ho tempo. Inizio a camminare e a fare finta di niente, anche se barcollo. Arrivo davanti a casa e quasi non mi reggo in piedi, ho fame, ma sono troppo distrutta per mangiare subito. Guretis è davanti alla porta <Finalmente sei arrivata!>, poi mi guarda bene. <Ma che cavolo hai fatto? Come demone hai fatto a conciarti così?>. Non so cosa dire. Appoggio solo i secchi, piano, e con un ultimo sforzo li metto davanti a lui. <Ecco.> riesco solo a dire. Mi viene vicino, è molto più alto di me. <Ho capito! Mi sono scordato quanto siete deboli voi donne! Per te è stato molto faticoso portare quei secchi fino a qui!>. Si mette a ridere. Mi viene voglia di dirgli che ho fatto due giri, ma mi mordo la lingua. Intanto lui mette una gamba dietro alle mie e mi spinge, così mi fa cadere. Finisco per terra, e prima che mi rialzo mi si siede sopra. <Mi hanno detto che volevi allenarti da guerriero. Mi fai ridere! Guarda come sei debole! Saresti un guerriero inutile!>. Piango di rabbia, provo a fermare le lacrime, ma non ci riesco molto. Intanto la polvere mi arriva in faccia e mi entra nel naso e nella bocca. Ora so perchè mi alleno. Voglio diventare forte e sconfiggere Guretis. Finalmente mi lascia libera: deve andare al suo allenamento da guerriero, rovescia l’acqua che ho portato e se ne va. Entro in casa. Rimango seduta per un po’ per riposarmi, poi mi sforzo di mangiare qualcosa. Entra mio padre, mi guarda. <Cosa fai ancora qui? Non hai ancora portato l’acqua per la mattinata?>. Inutile discutere. Prendo i secchi ed esco. Questa volta faccio avanti e indietro coi secchi vuoti, di corsa. Poi corro al fiume, riempio i secchi e corro per tornare indietro. Va meglio di prima: sono stanca, molto stanca, ma mi reggo in piedi.
-511° ciclo dall’incarnazione. Settimo giorno della prima luna.
È quasi un anno che mi alleno. Mi sento molto veloce, le mia gambe sono robuste e non mi stanco facilmente. Ogni volta che devo fare qualcosa io faccio due volte il giro di corsa, però non sembra abbastanza: non mi stanco più. Devo trovare una cosa diversa. Anche oggi mio cugino è uscito molto presto, dice che è alla fine dell’addestramento e si deve impegnare di più. Meglio. Così mi rimane più tempo e soprattutto evita di tormentarmi. Mi alzo, mangio veloce e faccio una corsa a prendere l’acqua, ma faccio un giro solo, tanto nessuno mi controlla. Porto i secchi in casa e poi corro verso il prato dove si allenano i ragazzi. Mi nascondo dietro un albero un po’ lontano [Quindi sarà un ontano! Ok, era una battuta pessima, ma non ho resistito, non uccidetemi] e provo a guardare cosa fanno.
Corrono. Questo sono capace anche io di farlo. Non sono neanche velocissimi. L’insegnante dice delle cose, sembra, ma io non sento niente. I ragazzi smettono di correre e si mettono un po’ sparsi nel prato. Devo avvicinarmi per capire come si allenano. Esco da dietro l’albero e provo a strisciare senza farmi vedere. C’è un cespuglio qualche passo più avanti, devo solo arrivare fino lì. I ragazzi sono tutti sdraiati, non mi possono vedere, ma il maestro guarda nella mia direzione. Mi fermo. Non respiro. Sento il cuore che batte, nel petto, nella gola, nelle orecchie. Il maestro si gira. Non mi ha vista! Guardo i ragazzi, da sdraiati a pancia in giù si alzano un po’ usando le braccia. Poi si girano e senza braccia si alzano a sedere. L’istruttore dice cosa fare, da consigli, poi grida con quelli lenti. Li insulta, e li chiama femminucce. Non è giusto. Ho tanta voglia di fargli vedere che non siamo deboli, ma prima mi devo allenare. Adesso i ragazzi hanno smesso e prendono una specie di bastone. Iniziano tutti a fare la stessa mossa, copiando il maestro. Provo a impararla a memoria, ma non è facile. Ormai è molto che sono qui. Devo tornare a casa a fare i lavori, ma ho imparato molte cose: da domani cambio allenamento. Aspetto che nessuno guarda nella mia direzione, corro verso l’albero e poi a casa. Sono fortunata, nessuno si è accorto che ho tardato. Corro a fare i miei lavori, ma penso solo al nuovo allenamento che mi aspetta. La notte arriva tardissimo e io non riesco a dormire, mi rigiro nel letto, sperando che domani arriva presto.
-511° ciclo dall’incarnazione. Ottavo giorno della prima luna.
Mi alzo, finalmente. Non resisto più. Anche oggi gli uomini di casa sono impegnati, quindi posso mangiare veloce, fare una rapida corsa a prendere l’acqua. Poi posso fare una corsa fino a una zona nascosta e provare l’allenamento nuovo. Mi sdraio e comincio a fare il primo esercizio. Non è facile, non sono abituata a sforzare così tanto le braccia. Però riesco almeno a farlo un po’ di volte. Il secondo è più facile, ne faccio molti di più. Finalmente finisco anche questo, quindi mi metto a cercare un bastone; ne trovo uno bello grosso e alto come me. Comincio a far le mosse che ho visto ieri. È un po’ difficile fare quei movimenti, ma non mi sembra di fare fatica. Strano. Non ho molto tempo, quindi continuo per un po’, poi corro verso casa. Così posso sbrigare i miei lavori di corsa e nel pomeriggio posso tornare ad allenarmi.
-511° ciclo dall’incarnazione. Ventisettesimo giorno della seconda luna.
Sta funzionando! Mi sembra proprio che sta funzionando! Sono sempre al mio campo d’addestramento, oggi sono riuscita a fare molti più esercizi con le braccia, e non mi sono stancata troppo; allora dopo gli altri esercizi, rincomincio e faccio un secondo giro di tutti. Mi guardo e mi sembra che sono molto più forte. Ormai devo pensare di tornare a sbirciare cosa fanno i maschi.
-511° ciclo dall’incarnazione. Primo giorno della terza luna.
Oggi non va. Tanto per cominciare oggi mio cugino è a casa. Poi non mi sento bene: mi fa male la testa, mi sento debole e mi sento la pancia sottosopra. Guretis arriva mentre sto provando a mangiare qualcosa senza vomitare. <Orribile!>. Questo è il soprannome con cui mi chiama ultimamente. <Vedi questo sacco? Prendilo e seguimi>. <E sbrigati, scamorza!>. Voglio fargli ingoiare le sue parole. Prendo il sacco e…ma è pesantissimo! Oggi poi mi sento così stanca. Riesco a sollevarlo in qualche modo e inizio a seguirlo. Lui inizia a salire su per la collina vicino al villaggio e intanto mi dice le sue solite cose “carine”. Io sbuffo, non ce la faccio più, mi sembra che il sacco mi schiaccia, sento le gambe che cedono. Non so come arriviamo in cima e Guretis si ferma. Finalmente. Appoggio il sacco, ma mio cugino mi guarda strano. Poi mi dice: < Perchè l’hai appoggiato?>. Io provo a rispondere qualcosa, ma non riesco a prendere aria per parlare, riesco solo ad ansimare. <Ah, ho capito! Sei già stanca! Lo vedi quanto siete inutili voi donne?>. Detto questo mi prende per i capelli e mi fa cadere per terra. Provo a rialzarmi, ma mi schiaccia giù col piede. Voglio proprio ucciderlo. <Dai, rialzati!> Dice, dopo aver tolto il piede. <Devi portare di nuovo il sacco a casa!>. <Non…non…non capisco…>. <Vedi? Oltre che deboli siete pure stupide! Ti spiego: oggi è saltato l’allenamento, quindi mi annoiavo e ho deciso di giocare un po’ con te. Devi essere felice che una persona importante come me dedica tempo a una inutile come te!>. Si, certo, sono così felice che ti voglio uccidere. Non dico nulla, mi rialzo, prendo di nuovo il sacco e mi rimetto a seguire Guretis. Arriviamo a casa che tremo per la fatica e sono in un bagno di sudore. <Bene, ti lascio ai tuoi compiti, prendi l’acqua, raccogli frutta e fai tutte gli altri lavoretti da donna!>. Ed esce. Ha ragione però: devo prendere l’acqua prima che mio padre torna e mi sgrida. Provo a correre, ma mi devo fermare quasi subito: non ce la faccio. Quando devo tornare coi secchi è ancora peggio, il sole è ormai alto e il caldo mi fa girare la testa. Cammino pianissimo, ma finalmente arrivo a casa. Perdo tutta la mattina a fare i lavori, e ci metto anche un po’ del pomeriggio.
Oggi vado troppo lenta, sono a pezzi. È pieno pomeriggio quando riesco ad arrivare al mio campo. Inizio a fare gli esercizi, ma anche questi non mi riescono. Il peggio è quando passo dal primo esercizio al secondo. Mi accorgo subito che qualcosa non va: sento del bagnato fra le gambe. Mi porto la mano e sento che in effetti c’è qualcosa. La ritiro e la guardo. Quasi mi gira la testa per la paura: è piena di sangue. Non avevo mai visto così tanto sangue mio tutto in una volta. Mi alzo. Forse troppo in fretta: mi sento barcollare. Riesco a rimanere in piedi e comincio a tornare verso casa. Ma che è successo? Non mi sono ferita! Come mai allora esce tutto quel sangue? Poi penso, è tutto il giorno che mi sento strana…forse hanno ragione loro. Forse l’allenamento non è adatto alle donne e per questo il mio corpo si sta distruggendo. Arrivo a casa, sfinita, depressa, sconfitta. Non sono neanche capaci di gridare aiuto, ma per fortuna trovo subito mia madre. Non riesco a dirle niente, faccio solo un gesto verso la ferita. Lei mi guarda, stupita. Poi sorride. Perchè sorride? <Che sorpresa figliola, sei già diventata donna!>. Non capisco. <Però sei ridotta a uno straccio! Sdraiati qui, torno subito>. Non me lo faccio ripetere, e quasi mi addormento. Poco dopo sento che torna. <Prendi, mastica questa>. Mi dà una strana foglia in bocca. Io obbedisco. Aspetta un po’ vicino a me, poi mi dice: <Va meglio ora?>. In effetti sì! Il dolore è molto più debole, e mi sembra che esce molto meno sangue. Controllo per sicurezza, ma è proprio così. <Cosa mi hai dato? Come hai fatto?>. Riesco a balbettare. <La pianta la conosci, solo non l’hai riconosciuta: è l’erba del sangue. Per il resto…bè, ora sei grande e puoi sapere.>. Prende fiato. Cosa mi vuole dire? <Noi donne siamo molto diverse dagli uomini. Siamo più piccole e più deboli, ma non solo. Quando diventiamo adulte ci viene questa malattia: per cinque giorni ogni luna, perdiamo sangue da lì sotto. Quindi siamo più deboli ed è anche per questo che non possiamo essere guerrieri>. <E non si guarisce? Non smette mai?>. <Certo. Si interrompe tutte le volte che abbiamo una nuova vita nella nostra pancia.>. È assurdo. Io non voglio questa cosa, ma non voglio neanche una vita nella pancia.
Mi ricordo le donne che gli è successo: erano lente, goffe, e si stancavano subito. Io non voglio queste cose adesso. Io devo diventare un guerriero. Un attimo. Pensa! <Ma l’erba del sangue mi ha fatto stare molto meglio subito! Se si prende quella, si sta bene!>. Mia madre scuote la testa. Brutto segno. <Non abbiamo molta erba del sangue al villaggio, solo poche piante. E sai bene che servono per curare le ferite dei guerrieri e il succo si usa per affilare meglio le loro asce. Noi donne posiamo prenderne solo poche foglie e solo in caso di emergenza>. Non è giusto. Non è giusto! Resto a terra ancora qualche tempo, mia madre mi rimane vicina, per controllare se sto meglio. Finalmente mi riprendo e mi alzo. <Grazie madre. Pensavo di morire> Lei sorride <In qualche modo è così: è morta la bambina ed è nata la donna>. Si avvicina e mi abbraccia. Io rispondo con affetto. Poi mi accorgo di una cosa: sono più alta di mia madre; di qualche dito almeno. Quindi sono forse a donna più alta della tribù. E sono anche molto più robusta di lei. Mi piace questa cosa. Devo solo trovare una soluzione per la malattia.
-511° ciclo dall’incarnazione. Sesto giorno della terza luna.
Oggi sto meglio. Ho smesso di sanguinare e non ho più male. Quindi posso riprendere a correre. Però nel tempo che risparmio ho deciso che non mi alleno. No. Vado a cercare altra erba del sangue.
-511° ciclo dall’incarnazione. Diciannovesimo giorno della terza luna.
È già da qualche giorno che corro. Corro per i prati, e le foreste e i boschi vicino al villaggio, ma non trovo niente. A volte corro con dei sassi in mano, per allenare anche le braccia. Però se voglio allenami davvero devo trovare quella pianta.
-511° ciclo dall’incarnazione. Ventiseiesimo giorno della terza luna.
Ormai è tardi. Domani o il giorno dopo mi inizia la malattia. E io non ho trovato nulla. Devo impegnarmi di più. Corro più veloce mentre faccio i lavori, per risparmiare più tempo. E corro anche più veloce mentre cerco l’erba. Lascio perdere i sassi: devo trovare la pianta, altrimenti non mi serve a niente allenarmi.
-511° ciclo dall’incarnazione. Ventisettesimo giorno della terza luna.
Corro. Mi sembra di correre da sempre. Non sento più le gambe. Respiro appena, mi brucia tutto il petto. Voglio proprio tantissimo trovala. Di colpo, in una radura nel bosco, mi sembra di vederla. Forse è un’allucinazione per la stanchezza? Mi avvicino. La guardo. No, è proprio lei! Svengo per la gioia. Mi risveglio, è quasi notte. Prendo una manciata di erba e torno a casa. Non sono molto preoccupata, perchè nessuno mi controlla più: mia madre è troppo occupata coi lavori, ed è spesso troppo triste. Mio padre è troppo impegnato a insegnare al suo stupido nipote come si fa il capo.
-511° ciclo dall’incarnazione. Diciassettesimo giorno della decima luna.
‘erba ha funzionato, la mastico quasi sempre, quindi la malattia è quasi sparita. A volte faccio finta di averla ancora usando il sangue degli animali che devo cucinare. Ora sono anche più veloce, quindi ho più tempo per allenarmi. Ieri sono anche riuscita a rubare uno dei bastoni che i ragazzi usano per allenarsi. Sono pesanti. Molto più pesanti di quello che usavo io. Devo allenarmi di più, ma ora non ho più ostacoli.
-513° ciclo dall’incarnazione. Sesto giorno giorno della dodicesima luna.
Ho imparato tante cose guardando gli allenamenti. Da quando uso il bastone pesante sono molto più forte, quindi faccio molto prima a fare i lavori, e mi avanza sempre più tempo per allenarmi. Forse era come pensavo: se ci si allena si continua a crescere. Infatti ora sono la più alta della tribù e sono anche quella con le spalle più larghe. Sono sicura di essere la più forte di tutte. C’è chi dice che invece di usare la pietra delle donne, per risvegliarmi hanno usato quella degli uomini. Ma non è vero
-515° ciclo dall’incarnazione. Terzo giorno giorno dell’ottava luna.
Non è giusto. Io lo so che sono forte. Anche più forte di molti guerrieri della tribù. Allora perchè non posso andare con loro? Stamattina sono partiti. Mio padre, lo stupido nipote e altri 5 guerrieri. Vanno alla città. Devono tentare una missione per “riscattare l’onore della razza”. “Cose da uomini”, mi hanno detto. O insistito. Ho incassato un ceffone. Ho insistito ancora. Allora mio padre ha detto che se avessi battuto Guretis sarei potuta venire. Però non è giusto: mio cugino ha quattro anni di allenamento più di me! Infatti ho provato a sconfiggerlo, ma non ci sono riuscita. Le ho prese, sono stata derisa e offesa. Quanto vorrei vendicarmi su tutti loro. Quanto vorrei dimostrare di essere un bravo guerriero. Per questo li sto seguendo, voglio seguirli di nascosto e aiutarli nella missione.
-515° ciclo dall’incarnazione. Sesto giorno giorno dell’ottava luna.
La città è strana. Non assomiglia a un grande villaggio: c’è molta più gente, profumi diversi, colori diversi. Uomini e donne molto strani camminano liberamente. Non so se mi piace. In più devo dormire in posti strani, perchè non ho soldi per le locande. Spero di capire veloce dove devono fare la missione. Sono stanca di seguirli
-515° ciclo dall’incarnazione. Settimo giorno giorno dell’ottava luna.
Useranno una magia? Non sono sicura di aver capito bene. Mi scuoto le orecchie, e mi riavvicino alla finestra della locanda. Dentro i guerrieri della mia tribù parlano con uno stranissimo essere. <Useremo un portale per farvi arrivare nel posto in cui dovete compiere la missione. Problemi?>. Allora avevo sentito! Sembra che non hanno problemi, perchè la creatura continua a parlare e dice che devono uccidere un mostro, per riscattarsi agli occhi degli Offuscati. Ma chi sono gli offuscati? Più tardi escono e io li seguo sempre. Guidati dallo strano tipo arrivano in una piazza piena di gente. Qui un essere tutto coperto di nebbia fa un lungo discorso che non capisco molto. Poi apre una specie di buco colorato nell’aria. Pian piano i guerrieri entrano. Non possono lasciarmi indietro! Corro. Corro più veloce che posso. Qualcuno grida qualcosa e delle guardie provano a mettersi sulla mia strada. Ma sembra che qualcosa le ferma. Il buco rimane ancora aperto. Io corro, e salto dentro. Mi sento scuotere. Vedo strane luci, ma dura tutto pochi battiti di cuore. Mi ritrovo in una terra grigia e deserta. I miei compagni sono abbastanza lontani per non vedermi. Per fortuna ho un po’ di cibo.
-515° ciclo dall’incarnazione. Ottavo giorno giorno dell’ottava luna.
È terribile. Hanno trovato il mostro che cercavano. È grande, rosso, tutto spine e con quattro braccia. Combatte come una furia. Mio padre e mio cugino gli sono addosso con le asce, ma faticano a colpirlo in pieno. Invece prendono dei colpi dai suoi lunghi artigli. Gli altri guerrieri sono un po’ distanti e bersagliano il mostro con giavellotti e asce da lancio. Mi avvicino. Non possono vedermi, sono troppo impegnati. Il mostro viene ferito da uno dei giavellotti. Lancia un urlo. Sembra furioso. Con un colpo disarma mio padre, si gira verso mio cugino, gli pianta un artiglio nella carne, poi lo morde vicino al collo. È velocissimo! Con un balzo arriva in mezzo ai guerrieri che gli tiravano le armi. Inizia a mulinare gli artigli. Mi avvicino ancora per vedere meglio.
È orribile! I tre guerrieri sono a terra. In un lago di sangue. Mio cugino è a terra e non si muove. Mio padre ha appena raccolto l’ascia e fa per avvicinarsi al mostro. Non può farcela da solo! Lancio un urlo e corro verso la bestia con il mio bastone in mano. Non mi fa paura, sono sicura di poterlo sconfiggere. Alzo il bastone e lo abbasso verso la testa del mostro. Un artiglio si mette in mezzo e para il mio colpo. La bestia ride e mi colpisce in pancia con una zampata. Esce molto sangue, io cado in ginocchio. Per fortuna arriva mio padre. Prende il mostro di sorpresa, vedo la sua ascia che si muove veloce verso il collo della creatura. All’ultimo però la bestia si gira. Alza le braccia, ma è troppo lenta, non può parare il colpo. Vedo l’ascia che attraversa il collo del mostro. La testa che si stacca, con una cascata di sangue. La bestia non cade a terra. Non può: con due zampe artigliate è riuscita a trapassare il torace di mio padre. Vedo il suo sguardo stupito, confuso. Poi crolla a terra sul mostro. Sono troppo stordita per urlare. Resto ferma. Mi guardo attorno. Sono tutti morti. Finalmente piango. Piango perchè in fondo volevo essere io a ucciderli. Perchè volevo batterli.
Cammino tra i cadaveri. Mi sembra che uno dei tre guerrieri si sia mosso. Un momento. Si è mosso veramente. Sta provando a dire qualcosa! < … spezza … rosso…> Prova a muovere la mano, per indicare qualcosa, ma poi crolla. Seguo la sua mano. Lo zaino del suo compagno. Lo apro. Rosso, devo cercare qualcosa rosso. Un bastone rosso, eccolo! Spezzarlo? Che male può fare? È fragile, si rompe subito, e mi ritrovo di colpo nel posto dove ero saltata nel cerchio. Quella cosa tutta coperta di nebbie e di luci mi guarda. <Mi rincresce. Se solo tu avessi colmato la fiala che vi era stata assegnata col sangue della creatura da voi uccisa, avreste completato la prova. Malauguratamente forzare le regole affinché tu potessi partecipare è stato vano.>. Non capisco. Ma non mi interessa. Non so cosa devo fare adesso. I migliori guerrieri della mia tribù sono morti. A chi posso dimostrare di essere forte? Dove posso andare a vivere? Inizio a camminare per la città, senza sapere dove andare.
-515° ciclo dall’incarnazione. Dodicesimo giorno giorno della nona luna.
Sono tanti giorni che cammino per la città. Mangio i topi e il cibo che la gente butta via. Non mi piace, ma non so cosa fare. Entro in una strada piccola. Sento odore di topo. Prima di trovarli però mi vengono incontro delle persone. Sembrano umani, più o meno. Sono armati. Mi guardano. <Ehi bella muccona…dove vai tutta sola?> dice quello più avanti di tutti. <Dai, derubiamola, che poi ce la spassiamo!> grida qualcuno più indietro. Poi di nuovo il primo, forse il capo <Senti, sgancia i soldi e saremo più carini con te!>. Ridono. <Non ho soldi. Non ho niente>. <Questa fa la difficile. Posso sistemarla io?>. Viene avanti uno di loro. Molto alto e molto grosso. Ha una mazza in mano. Mi guarda. Lo guardo. Non capisco, non ho niente da rubare. Lui alza la mazza e l’abbassa veloce verso di me. Non faccio in tempo a spostarmi. Il colpo mi arriva su un braccio. Non fa tanto male. Urlo. Il tipo si spaventa. Prendo il bastone e gli tiro un colpo in pancia. L’uomo urla per il male, poi prova a attaccarmi ancora con la mazza. Stavolta sono più pronta e riesco a saltare indietro, quindi mi colpisce appena su una gamba. Alzo il bastone, non fa in tempo a pararsi, riesco a colpirlo forte sulla testa. Sviene. Non è stato molto difficile, però ne rimangono molti. Gli altri hanno una faccia strana, ma poi tirano fuori spade, mazze e pugnali. Non scappo. Voglio combattere. Si avvicinano. Sento un rumore. Non capisco. Tre di loro cadono. C’è una persona nuova in mezzo a loro, con un’armatura. Prima che capiscono cosa succede, colpisce altri tre con una strana arma. Rimane solo il capo. Si gira e guarda il nemico.
Anche io guardo. Non ci credo. È un’anziana. È una donna coi capelli bianchi, le rughe. È anche piccolina. Il capo la attacca con la spada. Lei para il colpo. Poi lo fa cadere a terra con un calcio, lo colpisce sulla spada e la fa volare via, poi lo fa svenire con un colpo sulla testa. Rimango ferma, non so cosa dire. Lei mi guarda. <Non te la sei cavata male, per essere una ragazza.>. Non riesco ancora a parlare. <Scommetto che questi delinquenti ti hanno sorpreso sulla via di casa>. Muovo la testa per dire no. Lei si avvicina e mi guarda meglio. <Ma dove ti ho già visto…ah! Ma tu sei quella pazza che è saltata nel portale insieme a quel gruppo di barbari>. Non ho capito tutto, ma credo che sono io, faccio sì con la testa. <Mi dispiace per i tuoi compagni. Ma ora cosa ci fai qui?> Non so cosa dire, la guardo solo. <Non sai dove andare?> Dico ancora sì. <Ascolta, tu sei molto forte, anche se dotata di uno stile grezzo. E io ho bisogno di un nuovo apprendista, purtroppo il ragazzo a cui insegnavo è morto in un incidente>. <Mi…mi dispiace> riesco a dire. <Ah! Ma allora sai anche parlare! Fantastico!>. L’anziana è strana. Sorride. <Allora mi puoi dire come ti chiami!>. <Sgomina>. <Strano nome, in ogni caso io sono Torife. Senti, ti andrebbe di essere la mia allieva? Ti insegnerei a combattere e tu faresti i lavori più faticosi per me.>. Parla in un modo che non si capisce bene. Però un po’ ho capito. E mi piace. Molto. Sento che quasi piango. Muovo molto forte la testa per dire sì.
-517° ciclo dall’incarnazione. sesto giorno giorno dell’undicesima luna.
Sono due cicli che sto con Torife. Lei mi ha imparato a combattere molto bene. E mi ha imparato alcune cose su questa città. È molto bello stare con lei, mi piace che c’è una donna che può essere un guerriero. Però voglio far vedere a tutti che anche io sono un guerriero. E che sono il guerriero più forte della mia tribù. C’è un modo, anche se tutti sono morti: superare la prova che li ha uccisi.
CREDETEMI, VE LO GIURO!
Gli altri Background son più brevi. Verificate pure.