Non ho ancora visto la serie TV, ma ho letto il libro. L’ho trovato decisamente gradevole, oltre ad essere una sorta di fantasy per nulla classico, ambientato circa nei primissimi anni di questo secolo, quindi ve lo consiglio. La trama ruota attorno a Shadow, partendo dal suo ultimo periodo di galera, proseguendo attraverso una serie di avvenimenti che lo condurranno a mettersi al servizio di una sorta di avatar di Odino.
Senza farvi troppi spoiler, vi dico solo che in questo romanzo il potere delle divinità è direttamente proporzionale alla devozione dei loro seguaci e al loro numero (adoro questa concezione, compare anche in quello che forse è il mio libro preferito: Tartarughe Divine). Avrete già capito che Odino non se la passa benissimo, al pari di altre divinità o creature magiche delle credenze popolari.
Quello a cui invece non si pensa così facilmente è il fatto che nel tempo sono nate nuove divinità, in quanto qualsiasi cosa si ritrovi ad essere oggetto di devozione, produce automaticamente un proprio avatar divino.
Quindi avremo le divinità dei telefoni, delle ferrovie, dei computer, giusto per fare qualche esempio.
A questo punto sarà lecito supporre che esistano per lo meno degli attriti fra le divinità, per accaparrarsi il maggior numero di seguaci. E, in effetti, la situazione è grosso modo questa. Evito di scendere nel dettaglio, così forse non mi odiate troppo. (a proposito di uccidere delle divinità. Casualmente lo scorso #nerdcoledì abbiamo proprio parlato di QUESTO)
Ad ogni modo la trama evolve in maniera solida e coinvolgente, anche se sono costretto a indicare un neo: nella seconda parte si percepisce un calo nella cura e nell’attenzione al dettaglio. Pare che certi avvenimenti accadano così, perchè dovevano accadere, senza alcuna motivazione convincente alla base, lasciando un vago senso di forzatura.
Inoltre alcuni personaggi acquisiscono poteri sovrannaturali senza che di questo venga data una spiegazione valida. Non che i fatti siano totalmente implausibili, intendiamoci. Tuttavia dà l’idea che manchi un’esposizione chiara delle cause di questo incremento di potere, lasciandoci a fare illazioni e facendo balenare il sospetto che queste motivazioni non esistano oppure che la riflessione su di esse, da parte dell’autore sia stata insufficiente.
Lo stile di scrittura è fluido e gradevole. L’utilizzo della punteggiatura è piacevolmente non canonico, rendendo piuttosto bene certe frasi discorsive o flussi di pensiero. Tuttavia in alcuni rari casi alcune virgole mi hanno dato l’idea di essere nella posizione sbagliata, anche se non posso escludere che vi siano anche responsabilità attribuibili al traduttore.
Il maggior punto dolente del romanzo probabilmente riguarda i personaggi. Non tanto perchè siano brutti. Anzi, sono anche gradevoli e un paio addirittura degni di nota. Il problema è che sono troppi. Una miriade infinita di personaggi, destinati a comparire anche solo per poche manciate di pagine. Per questo motivo la loro descrizione sarà spesso insufficiente, rendendoli poco sfaccettati insufficientemente profondi e quasi più delle macchiette. L’unico dotato di una certa permanenza nel corso dello svolgimento è, ovviamente, il protagonista. Purtroppo trovo che non sia particolarmente interessante: si tratta del solito protagonista, senza particolari doti o caratteristiche, in un senso o nell’altro, inoltre trovo che non sia stata sfruttata la possibilità di farlo evolvere, in seguito agli avvenimenti sconvolgenti a cui assiste.
Ecco, forse a questo punto vi starete chiedendo “ma perchè ce lo consiglia? Ne sta parlando male dall’inizio!”. Vero, sono un ipercritico.
Quindi sottolineo: le mie critiche non rappresentano una scontentezza rispetto alla qualità, ma piuttosto si tratta di mettere in luce le criticità.
Ergo, nonostante quanto detto in precedenza, ribadisco il mio apprezzamento verso i personaggi, la trama e lo stile di scrittura.