In D&D 5e le divinità esistono davvero, quindi non ha senso essere atei. Chi non l’ha mai sentito dire? Ok, forse frequento strani luoghi di discussione (che trovate quasi tutti elencati qui), però il dubbio è legittimo. Se le divinità sono tangibili e producono effetti sensibili, sarebbe decisamente insensato non credervi e praticare l’ateismo. No? Uno vede il chierico che cura le ferite coi poteri degli dei e capisce che la divinità esiste, giusto? Ok, ovviamente non mi sono messo a scrivere un articoletto per dire solo questo. Quindi ecco: secondo me è perfettamente ragionevole un PG ateo in D&D (o Pathfinder o altro GdR con Magia Divina e simili). Vediamo perchè.
Quale Ambientazione? Diverse presenze di divinità
Trovo molto interessante la mia parte intollerante che mi rende rivoltante tutta questa bella gente che inizia le discussioni dicendo “in D&D non ci può essere…” dimenticandosi che D&D è un sistema di gioco e non un’ambientazione.
Anche se voi giocate 10 campagne nei FR, questo non li rende (per fortuna) l’unica ambientazione del gioco.
Quindi magari stiamo giocando a Dark Sun e gli dei non esistono. Quindi non solo è sensato essere atei, ma lo è sicuramente di più che credere a una divinità.
Ma prendiamo anche Dragonlance. Tra il Cataclisma e le Guerra delle Lance passano svariate generazioni (più di 300 anni, se non ricordo male!) in cui non si vede praticamente traccia di magia! Lo stesso dicasi per altri periodi nella storia dell’ambientazione in cui la magia non è che sia proprio all’ordine del giorno.
Anche prendendo ambientazioni più high-magic con una diffusa presenza della magia divina, quanti villaggi esistono in cui non si vede di norma un chierico? Insomma, anche presupponendo che in ogni grande città ci sia un tempio di chierici guaritori e via dicendo, nelle campagne e paesini sparsi probabilmente non si sarà mai visto nulla di simile.
Quindi il vostro personaggio può non aver mai visto nulla di chiaramente frutto del potere di una divinità e potrà con ogni ragionevolezza essere ateo (o perfino non credere alla magia, eh)
Chierici e Paladini senza divinità
Poniamo che invece nella vostra ambientazione ci siano incantatori di ogni tipo in ogni paesino. Un po’ come ci sono il fabbro e il falegname, ci sono il chierico e il mago. Però ho una bruttissima notizia per voi: i chierici non hanno bisogno di venerare divinità.
Era così già ai gloriosi tempi di D&D 3.5 (lacrimuccia), a maggior ragione ora con D&D 5e. Paladini, Chierici (e anche Druidi e Ranger) possono lanciare i loro incantesimi divini senza l’intervento di alcuna divinità. Possono seguire una causa, una fede, una vocazione. Il loro potere può venire dalla loro stessa convinzione.
Per chi avesse difficoltà a convincersene, consiglio di guardare la guida del Dungeon master 5e, pagina 13 e Xanathar pagina 18.
Quindi il nostro simpatico chierico del villaggio potrebbe non aver mai detto una parola riguardo le religioni e aver elargito i suoi incantesimi di cura richiamando esclusivamente il potere della propria fede in un ideale.
Quindi perfino in un mondo high magic, un personaggio potrebbe ragionevolmente non aver mai visto una diretta manifestazione del potere divino.
Effetti misurabili, ma distinguibili?
Poniamo che invece nel vostro mondo non esista la possibilità di lanciare incantesimi da Chierico senza una divinità (ricordatemi di non giocare con voi) o che, semplicemente i Chierici siano talmente tanti che per la legge dei grandi numeri ogni pg si sarà imbattuto anche in uno che effettivamente venera una divinità.
La domanda è: un pg non incantatore è in grado di distinguere la magia arcana da quella divina? O anche solo la magia dagli effetti speciali “sovrannaturali”.
Poniamo di sì.
Sarà anche in grado di distinguere la magia di un Chierico da quella di un Druido (il quale spero non sia obbligato a venerare divinità)?
Secondo me per un Guerriero digiuno di magia (senza scomodare il classico Barbaro ignorante) rimarranno tutti dei bula-bula indistinguibili. Magari anche il mago prima di lanciare la Palla di Fuoco dice “Per la Gloria di Merlino, la Luce è Sotto il Mio Dominio!” (cit.), ma questo non implica l’esistenza di Merlino, no?
Quindi magari il nostro PG ha visto la magia divina e questa era effettivamente frutto dei poteri di una divinità, ma lui potrebbe non distinguerla dalla magia del libro, del patto, del sangue, naturale…più tutte le varianti che potrebbero esistere a causa di reskin di vario genere.
Ateismo debole e Athar
Mi direte che però a un certo punto il PG sarà di livello alto, avrà girato molte città, combattuto al fianco di molti chierici, la vostra ambientazione è high magic e, diamine, in qualche modo avrà sbattuto contro una manifestazione “chiara e distinta” (cit.), palesemente frutto di una divinità.
Plausibile. A questo punto ci vengono in aiuto gli Athar. Vale a dire questa fazione di Planescape secondo cui le divinità esistono, ma non meritano in alcun modo la devozione umana. Gli umani potrebbero trarre i loro poteri divini dalle loro stesse convinzioni senza bisogno di ricorrere a entità esterne, quindi non esiste motivo per venerare gli dei.
Molto suggestivo come approccio filosofico, se posso offrire il mio parere.
Tuttavia questo non è esattamente ateismo in senso stretto, visto che si riconosce l’esistenza di vere e proprie divinità. Possiamo fare meglio? Boh, avrete già letto il titolo qui sotto, che ve lo dico a fare?
Ateismo in senso stretto
Certo, sul manuale c’è scritto che Pelor (o chi per lui) è una divinità. Però cosa significhi precisamente questo fatto e quali poteri abbia di preciso Pelor in quanto divinità non è specificato. Ok, i vecchietti come me ricorderanno Dei e Semidei di D&D 3.5. In quel caso era esplicito, però forse era persino peggio, visto che le divinità potevano essere uccise da PG di livello relativamente basso.
Quindi qual è la differenza ontologicamente qualitativa (paroloni a caso) che distingue una divinità di D&D da un essere estremamente potente, come un arcidiavolo o anche solo un PG in grado di lanciare Desiderio?
C’è veramente nella logica di D&D un chiaro parametro analizzabile da un personaggio che gli permetta di stabilire con chiarezza quando si trova di fronte un dio e quando un “semplice” essere dal potere straordinario?
Se vi viene in mente ditemelo, perchè io personalmente non lo conosco e non riesco ad immaginarlo.
Quindi il nostro PG potrà essere ateo, nel senso che crederà all’esistenza di enti potentissimi che concedono incantesimi (ai chierici e ai warlock), riconoscerà di aver incontrato manifestazioni di entità sovrannaturali di vario genere, ma non definirà nessuna di queste come divinità.
La sua posizione sarà assolutamente logica, almeno fino a quando qualcuno non produrrà un’instantia crucis (come diceva Ciccio Pancetta) in grado di stabilire quando si è di fronte a una vera divinità (con tanto di timbro e bollo ufficiale) e quando invece è “solo” un signore dei demoni.
Negazionismo
Andiamo, sarebbe assolutamente incredibile che un PG si spingesse a negare l’esistenza delle divinità dopo essersi imbattuto più volte in chierici devoti o avatar degli dei.
Cioè, sarebbe come sostenere che l’uomo non è andato mai nello spazio dopo che ci sono i satelliti e…aspetta. Ho sbagliato esempio.
Sarebbe come negare la sfericità della Terra anche se…no, nn va bene neanche questo.
Sarebbe come credere che tutti i potenti della terra in realtà siano rettiliani che…accidenti!
Ok, il senso direi che ormai è chiaro: per quanto una teoria possa apparire assurda e demenziale ai più, ci sarà qualcuno che la sostiene con vigore. I complottismi sono sempre di moda!
Quindi ben venga il PG ateo che davanti a chiare manifestazioni del divino accampa scuse sui “poteri forti” e “non cielo dicono”.
Certo, se volevate un PG serio, studioso e razionale, vi dovete accontentare della scelta del paragrafo precedente, però se volete spingervi all’estremo anche in campagne marcatamente high-magic a livelli alti, sappiate che tutto sommato non sarete né i primi né gli ultimi a sostenere qualcosa di assurdo.
Poi visto che oggi è l’8 dicembre, vi grazio e non faccio dei parallelismi tra il non credere quando si è in un mondo con chiari interventi divini e il credere quando si è in un mondo senza interventi divini visibili. Anche perchè ho già parlato male della religione nella recensione di Narnia e sono stato prossimo alla blasfemia facendo la scheda di Gesù in D&D 3.5, PF, e 5e. Insomma, sono già a rischio! A proposito di complottismo: condividete prima che mi censurino! (lol)
Se non ne avete avute abbastanza, io vi consiglio di fare un salto nella sezione con approfondimenti sui GdR.
Se fate PG atei (o se li avete già fatti) raccontatemi com’è andata!
Posizione parecchio interessante, non ci avevo mai pensato. Effettivamente giocare un pg complottista che nega l’esistenza delle divinità dev’essere divertentissimo, lo devo assolutamente provare! Grazie dell’articolo comunque
Grazie a te, fammi sapere come va e ricorda che è tutto un gomblottoh
Se vogliamo vedere il gioco originale D&D (Mentzer, Gary Gygax), ogni divinità non è nient’altro che un pg/png che è diventato di livello immortale (immortal set) e poi è diventato un’immortale maggiore. Essere Ateo è riconoscere questo. Niente Dio, solo personaggi di livello incommensurabilmente superiore.
La discriminante è : io pg posso arrivare al divino? posso “uccidere” un Dio? se si, allora l’ateismo ha senso. Se no, allora il pg riconosce che mai potrà arrivare a tali poteri, e pertanto esiste qualcosa di superiore a lui, ovvero quella scintilla divina a cui mai potrà aspirare.
Esatto, se la differenza è solo quantitativa e non qualitativa, non sono divinità, ma solo avventurieri fighi che ce l’hanno fatta.
A questo punto la domanda affascinante è: com’è fatta una differenza qualitativa?
Perché, ho provato a pensarci, ma ho difficoltà a immaginarmi una differenza qualitativa che non possa essere interpretata in realtà come quantitativa.
🙂
Ah, tema interessante, in effetti.
Un rettangolo è diverso da un quadrato.
So che è apparentemente qualitativa, ma c’è un punto netto di distacco (quando L1 diventa esattamente = L2).
anche la differenza tra martedì e mercoledì.
Sì, da un certo punto di vista le 23.59 di martedì sono “più mercoledì” delle 12 di martedì, ma c’è un salto netto che avviene alle 0.00.
Insomma, non è come “quanti spaghetti servono per fare un piatto grande”.
Esatto. E, nel caso delle religioni e delle divinità, dove si trova per te questo punto di distacco?
Se ti descrivessi un’ambientazione che include dei potenti esseri o delle potenti entità di qualche tipo, senza mai chiamarli “divinità”, in base a cosa potremmo stabilire se sono davvero, qualitativamente, delle divinità oppure no?
Se ti descrivessi cosa fanno i loro seguaci o sostenitori senza mai usare il termine “religione” o “culto”, in base a cosa stabiliresti se si tratta, appunto, di religione oppure no?
Quali domande mi faresti, circa la mia ambientazione, se dovessi trarre delle conclusioni in merito?
Sono molto curioso, il tema mi intriga 🙂
Nel senso tra noi e una creatura come il dio cristiano, c’è una differenza quantitativa evidente (ingenerato, eterno, onnipotente, ecc).
Però non so come potrebbe essere resa questa differenza in un romanzo senza dire direttamente che queste differenze sussistono.
Perchè noi non sappiamo se il dio cristiano è effettivamente come ce lo descrivono i seguaci, quindi dai seguaci non possiamo desumere nulla.
Se anche un dio si autodefinisse eterno, potrebbe star mentendo.
L’unica sarebbe un’informazione diretta del narratore onnisciente.
Certo, ma della mia ambientazione io sono onnisciente, posso risponderti in dettaglio.
Mettiamo che tu voglia stabilire se nella mia ambientazione ci sono delle vere divinità, oppure “solo” delle potenti creature che non sono “qualitativamente” divinità. Che domande mi faresti?
Mettiamo che tu voglia stabilire se nella mia ambientazione ci sono delle vere religioni, oppure delle organizzazioni o movimenti di massa che però non si qualificano come religioni. Che domande mi faresti?
Ovviamente, supponiamo che io possa risponderti solo in termini fattuali. Cioè, se mi chiedi “ci sono le divinità?” io potrei solo risponderti “boh, dipende dalla tua definizione di divinità”. Ma se mi chiedi “queste entità sono immortali?” a quello ti posso rispondere.
Beh, tanto per cominciare ribadisco che la questione è soggettiva. Io potrei pensare che la chiave sia l’immortalità altri l’onnipotenza, altri ancora l’onniscienza e via dicendo.
Io poi non sono nominalista e difficilmente mi batto per la scelta di un termine.
Poi ho delle difficoltà con la logica duale da quando ho scoperto quella fuzzy. Quindi io sarei per dire che uno è più o meno una divinità vera a seconda di quanti parametri rispetta tra i seguenti (tipo la roba che ho scritto per stabilire quando uno è un supereroe):
– onniscienza
– onnipotenza
– immortalità debole (non invecchia)
– immortalità forte (non può morire in alcun modo)
– non generato
– presenza di poteri straordinari (e qua capisco che non siano definizioni solide, ma facciamo come possiamo)
– se siamo in ambito rpg fantasy: possibilità di concedere incantesimi ai chierici
Ecco, una cosa del genere.
Poi se proprio proprio vogliamo direi che “sono colloquialmente vere divinità” se ne rispettano tipo almeno 3. Ma, ripeto, mi trovo meglio in ambito fuzzy.
Sono d’accordo: è fuzzy, così fuzzy che secondo me non tiene l’esempio del rettangolo e del quadrato 🙂
Nelle mie ambientazioni gli incantesimi dei chierici non vengono concessi da qualcun altro, derivano dalla loro fede, che in teoria può anche essere in un concetto anziché in una persona.
Quindi, per quante proprietà di quelle elencate possa avere un essere di un mondo fantasy, basta che *non* sia onnipotente e sarà un essere fantasy come tanti altri. Particolarmente grosso, potente e formidabile, certo, ma senza niente che potrebbe teoricamente competere, nella stessa ambientazione o in un’ambientazione simile, a un essere che invece non viene identificato come divinità.
Per questo dico che le divinità personali dei mondi fantasy sono qualcosa di sostanzialmente e irriducibilmente diverso dalle figure religiose oggetto di fede del mondo reale. Così come, d’altra parte, la magia dei mondi fantasy è qualcosa di sostanzialmente e irriducibilmente diverso dalla “magia” (superstiziosa o tuttalpiù religiosa) del nostro mondo.
Come dici anche tu, e concordo, “divinità” è solo una parola. La usiamo per indicare quegli esseri perché è più pratico riutilizzare una parola preesistente che non coniarne una nuova, ma assume un diverso significato rispetto a quello che ha nel nostro mondo. Proprio come la parola “magia”.
Però ci stiamo muovendo su due piani diversi: uno è la mia opinione personale, l’altro (quello dell’articolo) è l’esistenza di un sistema particolare per determinare quando le divinità sono degne di questo appellativo che sia dotato di una sua logicità e coerenza interna.
Comunque per le divinità nei mondi fantasy io assumerei la sospensione del giudizio, a meno che non mi venga esplicitato qualcosa di inconfutabile da un narratore onnisciente e chiaramente sincero.
Però sono uno scettico di natura.
Capisco, ma non mi è chiaro come questo sistema particolare, di cui parli nell’articolo, possa prescindere dalla definizione di divinità.
Nel senso che uno potrebbe avere una definizione di divinità molto più rigida della mia o fissare un’asticella molto più in basso o molto più in alto di me.
Dal punto di vista teorico non lo ritengo sbagliato (o autocontraddittorio, insensato, ecc).
Un’altra forma di Ateismo in D&D 5E esiste nella foma piu elementare : : i chierici non possono credere nell’esistenza di altri dei, pena la perdita dei propri poteri : in alcune religioni verrebbero impiccati se solo riconoscono che esiste altro dio : è una forma di “Ateismo religioso” : stai negando l’esistenza di altri dei e non vi puoi credere, perchè puoi credere solo all’esistenza del tuo Dio.