Sì, avevo già fatto un raccontino con alcune tematiche simili (lo trovate qua). Stavolta ho preso le mosse da un commento letto sul gruppo Facebook Non Solo D&D. Non era la prima volta in cui affrontavo una discussione simile. Non vi spoilero nulla, ma diciamo che sto provando ad analizzare la coerenza delle nostre assunzioni sulle ambientazioni immaginarie e sto di nuovo usando il fantasy per fare critica sociale.
Tardi.
Di nuovo. Sto facendo di nuovo tardi.
Raccolgo la bacchetta bêhna xweş e puntandomela contro, pronuncio le parole bîna şîrîn. Una volta tolto l’odore di sudore della notte, afferro i vestiti preparati la sera prima e me li butto addosso, provando ad indossarli mentre saltello giù per le scale, sperando di recuperare il tempo perduto.
Devo mangiare. Per forza, altrimenti non arrivo a sera. Prendo due uova, una manciata di farina, un cucchiaio di zucchero, un grappolo d’uva e mano a mano li lancio dentro il contenitore zarok.
Avrei tanto voluto un uovo di grifone, ma non se ne trovano più, ormai, se non nei negozi specializzati e terribilmente costosi. Ma che sto facendo? Mi perdo a fantasticare? Presto!
Taştê metbexê! Dopo aver pronunciato le parole estraggo dal contenitore un bicchiere di succo d’uva e un dolcetto con l’uvetta, troppo zuccherato, dannazione.
Bevo tutto d’un fiato. Un’occhiata veloce allo specchio. Capelli a posto. Ingoio il dolcetto correndo per le scale. Prendo lo zaino che stasera ho sessione di Calcolatori & Automi. Afferro il tappeto davanti alla porta e finalmente esco. Difire! Mentre esclamo questa parola salto sul tappeto, e finalmente sono in volo verso la città.
Inutile sperare che non ci sia traffico, Bajarêmezin è un inferno, specialmente nei giorni di fiera. Se solo mi potessi permettere una bacchetta di teletrasporto…ma quella roba è per i milionari. Anche se oggi forse potrei avere l’occasione per un salto di qualità. Dopo potrei evitare di andare in giro con un tappeto vecchio modello che ha già 4 anni e quindi smetterla di sembrare un pezzente.
Mentre ci avviciniamo lentamente al centro, mi tolgo i pezzi di cibo dai denti e mi spazzolo via le briciole dal vestito. Un terzîtî, grande classico per eventi eleganti e formali. Dopo lavoro infatti ci sarà l’evento aziendale e voglio far bella figura. Spero di guadagnarmi una promozione: sono anni che mi spacco la schiena e me la merito!
Gli ultimi 100 metri prima di arrivare al palazzo della Alîkarî sono sempre i peggiori. Chi si sposta a piedi o sugli stivaletti alati mi sorpassa, potendosi infilare di lato ai tappeti. Dovrei prendere anche io quei cosi, ma poi la spesa come la faccio? Per non parlare della scomodità di stare in piedi tutto il viaggio. Non si può fare. Però anche saltare il traffico…risparmierei almeno 10 minuti al giorno!
Mentre mi perdo in questi ragionamenti, finalmente arrivo. Inizio quindi la solita disperata ricerca di un armadietto in cui lasciare il tappeto. Dannazione a me, quando potrò permettermi una borsa magica in cui infilarlo? Finalmente trovo un posto libero, infilo le 5 monete d’oro e metto via il tappeto, quindi inizio a fare le scale per arrivare agli uffici. Inutile prendere l’ascensore quando si ha fretta: c’è troppa gente già in coda.
Salgo la prima rampa di corsa, nonostante il peso dello zaino. Seconda rampa. Sono al secondo piano. Terza rampa. Manca solo l’ultima. Guardo l’ora. Ho un minuto, abbondante. Ce la faccio. Giro l’angolo per salire l’ultima rampa e resto un secondo tra lo sbigottito e il furioso.
Due stupidi mezz’orchi stanno spingendo una cassa enorme su per le scale. Cioè, a conti fatti il disco fluttuante sta portando la cassa, ma data la pendenza delle scale loro devono fare forza perchè eviti di scivolare verso il basso. Ma perchè devono fare questo lavoro proprio ora? Perchè poi non se ne stanno a casa loro, che qui siamo già strapieni?
Sbuffo, ma loro non ne vogliono sapere di accelerare il passo. Sbuffo più forte. Si girano a fissarmi e continuano come nulla fosse. Mannaggia alle sacre reliquie! Dai! Rimango dietro di loro a scalpitare. Sembrano passare tipo 2 ore. Finalmente si spostano e scatto verso l’ingresso. 7.59.54 secondi. Posso farcela! Corro come un disperato. Blip. Il berçavkirinî suona, segnalando il mio ingresso. 8.00.00. Appena in tempo, incredibile!
Sbuffo arrancando verso la mia postazione. Accendo il temaşevan. giusto il tempo di bere un sorso d’acqua e arriva la prima chiamata. “Salve, risponde Alîkarî. Sono Berialind, come posso aiutarla?”. Per fortuna hanno ripristinato i risponditori viventi. Qualche anno fa avevano provato con dweomer arcani di risposta. Tuttavia i clienti non erano a loro agio e le vendite sono calate del 2,3%, per cui l’Alîkarî ha deciso di assumere nuovamente personale salariato. Alla fine il lavoro qui non è male. Tutto sommato non spingo delle casse come un orco! Anche se vorrei potermi permettere un affitto da solo, senza avere coinquilini sempre in mezzo ai piedi.
Le successive otto ore passano più spedite del solito. Tra gente che non riesce a far funzionare le bacchette perchè confonde le parole di attivazione e scorbutici che iniziano a insultare perchè la chiamata prima è caduta la linea, mi consolo pensando all’aperitivo in cui mi lavorerò i capi e alla sessione della sera.
“No, mi spiace. Non le posso dire quanto durerà la sua bacchetta, per rispondere dovrei sapere almeno ogni quanto la usa”. “no, ‘abbastanza’ non è una risposta che mi possa aiutare. Senta le passo un collega più preparato”. Dirotto la chiamata verso un altro ufficio dove non troverà risposta, tanto ormai sono passate le 17 e posso staccare. Spengo il temaşevan e mi alzo.
Vorrei andare al bagno, ma il mio responsabile mi intercetta. “Berialind, senti, l’aperitivo di oggi è annullato perchè il direttore ha avuto un imprevisto”. “Ma…come, io speravo…”. “A proposito. Ho saputo che speravi in una promozione, ma devo dirti che non è il caso e ne ho già parlato col mio responsabile.”. Me lo stava dicendo come se fosse una notizia da nulla. Come se mi avesse spostato il turno della settimana successiva di mezz’ora. “Ma, ma, ma perchè? Cioè, io sono sempre proattivo, concludo un sacco di contratti, ho delle ottime medie e…”. Mi interrompe. Di nuovo. “Esatto. Il punto è proprio questo, vedi? Tu sei un fuoriclasse qui. Ci servi in prima linea, capisci? Senza di te come potremmo mai fare? Immagino tu tenga alle sorti dell’Alîkarî, no?”. Faccio un cenno di assenso, ma la domanda era retorica. “Se vogliamo tenere in piedi l’azienda, dobbiamo fare tutti dei sacrifici, giusto? Per questo, ancora per qualche tempo, dovrai stare qui, a tenere alto l’onore tra i risponditori. Un piccolo sacrificio personale per il bene comune.”. Annuisco più convintamente. Sì, vero. Non sono soddisfatto, ma capisco le loro ragioni. In fin dei conti se l’azienda chiude io ci rimetto ancor di più. Poi è solo per qualche tempo, mi ha detto. Bofonchio qualche parola di circostanza e mi dirigo verso casa. Almeno ho il tempo di mangiare e cambiarmi prima di giocare. Pensare alla sessione mi conforta lentamente il morale mentre percorro la via del ritorno.
Oggi giochiamo a Calcolatori & Automi, che è un gran bel gioco di ruolo. Forse il più famoso. L’ambientazione tipica è un mondo duro, senza magia, ma in cui gli umanoidi hanno sviluppato una tecnologia incredibile. Riescono a immagazzinare energia dal sole o dalla combustione di strane sostanze e con questa energia alimentano macchinari sorprendenti. Negli ultimi 70 anni circa poi hanno capito come costruire macchine che effettuano calcoli complessi e che possono collegarsi tra loro, permettendo una comunicazione rapida tra tutti gli esseri intelligenti. Infine nell’ultimissimo periodo alcuni di questi calcolatori hanno iniziato a fare operazioni talmente raffinate da essere quasi ritenuti dotati di intelligenza propria. Poi si possono creare una serie di personaggi differenti per affrontare sfide di ogni tipo: investigazioni, ingressi in zone super sorvegliate e via dicendo. Oggi mastero io e non vedo l’ora.
Ci troviamo a casa di Laniliasa. Ultimamente non è più così raro trovare giocatrici donne. Non ho ancora capito se sia un bene o no. Però ci serviva per forza un tecnomedico tra i PG. Quando arrivo ci sono già anche Nesefer e Buanick. Una manciata di convenevoli e iniziamo subito a giocare.
Forse non dovrei dirmelo da solo, ma la sessione mi pare una gran figata. Sono ispirato. Li faccio infiltrare in una fabbrica per scoprire i piani dei malvagi investitori che vogliono arricchirsi sulla pelle degli operai. Quindi riescono a coinvolgere questi ultimi a ribellarsi.
Finiamo tardi, ma tanto domani nessuno lavora, quindi ci beviamo qualche bicchiere di şerab mentre discutiamo dei momenti più divertenti della sessione. A un certo punto Buanick si schiarisce la voce richiedendo silenzio con l’indice della mano sinistra sollevato. “Non prendetela come una critica, eh. Però solo io trovo strana questa ambientazione? Cioè, se uno si ferma un secondo a riflettere, la sospensione dell’incredulità va a farsi benedire!”. Inutile dire che quando uno inizia dicendo di non prenderla come una critica, l’effetto che ottiene è proprio l’opposto. Quindi lo aggrediamo chiedendogli spiegazioni. “No, sì, cioè…” si aggiusta gli occhiali sul suo viso rotondo prima di riprendere con più convinzione. “Mi spiego: questi hanno macchine in grado di fare la maggior parte dei lavori. Giusto? Perchè devono lavorare tutti otto ore al giorno come noi? Non è un po’ ridicolo? Inoltre hanno anche i calcolatori tutti collegati da una rete di comunicazione. Le informazioni possono scorrere in maniera rapida, sicura e tutti sarebbero informati in tempo reale di ogni cosa grazie ai dispositivi portatili. Insomma, trovo strano che si facciano abbindolare da qualche ricco magnate. Le menzogne dei potenti sarebbero smascherate in poco tempo!”. Io non so come prendere le sue parole. Da una parte mi sembra che stia offendendo le mie capacità da master. Dall’altra non ho idea di come replicare.
Laniliasa annuisce vigorosamente mentre io sto ancora cercando di ribattere. “Sì, vero? Anche a me dava quella sensazione! Infatti è uno dei motivi per cui preferisco il post-apocalittico o comunque il Low-Tech. Cioè, mondi in cui la tecnologia c’è, ma ormai per qualche motivo è poca, molto costosa e difficile da trovare!”. Nesefer si alza di colpo dalla poltrona in cui era piombato in uno stato semi catatonico da ormai un’oretta. Poveretto: si alzava davvero presto la mattina. “Oh, ma quanti problemi vi mettete! L’importante è divertirsi, no?”. Detto questo si avvia verso la porta, distribuendo pacche sulle spalle. “Dai, gente, io son morto e vado. Ci si vede settimana prossima”.
Di lì a poco ci accomiatiamo tutti. Quando arrivo a letto provo invano a dormire. Come sempre dopo l’adrenalina della sessione. Mi si affastellano migliaia di pensieri contemporaneamente nel cervello. Le regole che potrei aver applicato male, la giornata lavorativa assurda, poi infine la discussione sul realismo.
Forse alla fine avevano ragione. In fin dei conti noi non abbiamo tutta quella tecnologia. Probabilmente nel loro mondo sarebbe logico aver delegato la maggior parte del lavoro alle macchine. Forse noi siamo l’unico mondo in cui si lavora 40 ore a settimana.
Ok, questo è tutto. Come avrete capito prendo le mosse da discussioni che si fanno riguardo a D&D e altri giochi high-fantasy. Spesso sento dire che, data la grande presenza di magia, verosimilmente non ci sarebbe bisogno di lavorare e anche i popolani vivrebbero in ottime condizioni. A me viene sempre in mente che questo dovrebbe valere anche da noi. Purtroppo non è così.
Se vi piacciono i raccontini, sappiate che a volte ne scrivo per i Background dei PG che gioco.
Altrimenti potreste cercare articoletti più “tecnici”, magari riguardo D&D 5e.
Carino
Grazie!